SIGUR ROS - ( )

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  1. Annet
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    Sigur Ros – ( )

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    (2002)

    Tracklist:

    1. Untitled #1 [6.38]
    2. Untitled #2 [7.33]
    3. Untitled #3 [6.33]
    4. Untitled #4 [7.32]
    5. Untitled #5 [9.57]
    6. Untitled #6 [8.48]
    7. Untitled #7 [12.59]
    8. Untitled #8 [11.45]

    ( ) : due facce della stessa luna che si rispecchiano l’una sull’altra, due lati emotivi contrapposti che si scrutano l’uno con l’altro, come a ricercare differenze, echi lontani, sensazioni sopite, stuzzicando le stesse note, usate in contesti però diversi.
    Dopo il meraviglioso Agaetis Byrjun, gli islandesi Sigur Ros tornano affacciandosi nuovamente al mondo con un lavoro minimale ed innocente più che mai. Otto tracce senza titolo, numerate ed ordinate, incise e racchiuse in una copertina altrettanto eterea, raffigurante due parentesi e nient’altro, un booklet bianco, spoglio, privo di ringraziamenti, testi o messaggi nascosti.
    Un album puro, nitido, che si articola in modo simmetrico, quasi a voler rappresentare quelle due parentesi che ne fanno da titolo, per l’appunto.
    Due facce emotive, due raffigurazioni e due dipinti abbozzati su di una tela immensa ed infinita: da una parte il giorno, dall’altra la notte. Le due parti vengono abilmente divise da trenta secondi di silenzio, trenta secondi visti più come una ricerca di simmetria che come una forzata pausa, le luci diffuse dai due frammenti si rispecchiano a vicenda e non c’è bisogno di parole e di significati complessi e ponderati. Il tutto scorre nuovamente come un delizioso flusso di coscienza mesto e difficile da descrivere a parole.
    Untitled One”, con il suo tappeto di piano, risveglia le nostre emozioni lentamente, come un’alba che desta nuovamente fiori e foglie e riscalda la terra ed asciuga le gocce di rugiada aggrappate ad esili fili d’erba. E stavolta non occorrono neppure più testi veri e propri, la voce viene modellata ed utilizzata come un vero e proprio strumento musicale.
    In un crescendo di intensità e con un calmo tendaggio di archi e cori soffusi, la prima traccia sfuma e rallenta, aprendo la strada ad “Untitled Two”, pezzo che si apre con rumori gracidanti. Un’altra volta i Sigur Rós ci accompagnano all’esplorazione di piane sterili, vaste ed incontaminate, la sensazione è quella di passeggiare timidamente, calpestando con timore angoli di pace sopita. Una batteria accompagna e cadenza il nostro andamento regolare e occulto, gorgheggi ed echi risuonano in valli lontane, arpeggi scarni e cristallini vengono alla luce come delicati petali che crescono e che – in seguito – cadranno.
    Lasciandoci cullare dalla quiete finale del secondo dipinto, entriamo a scrutare “Untitled Tree”, così candida e pulita che abbiamo la sensazione di sentire ogni singolo fiato di questa terra incontaminata. Ci troviamo di fronte al pezzo meno vasto dell’album, come nella maggior parte delle composizioni di questo lavoro è quasi sempre il piano a fare da padrone; a differenza del precedente Agaetis Byrjun le partiture orchestrali sono più rade, ( ) appare più minimalista, trasparente. E nella trasparenza si avvertono numerosi climax, l’intensità cresce ad ogni minuto che passa e restarne travolti è inevitabile, ancora una volta.
    La prima parte del disco si avvia alla conclusione con “Untitled Four”, pezzo che rappresenta i frammenti più sporgenti della prima parentesi, quelli maggiormente protesi verso la seconda, quasi come un punto di connessione tra il giorno della prima parte e la notte della seconda.
    Il quarto pezzo è dunque paragonabile ad una pianta radicante, una sorta di edera che si protrae verso la parete antitetica, con il tentativo di aggrapparsi, creando un très d’union delicato e sottile.
    Untitled Four” è un pezzo di magica bellezza, molti ne ricorderanno la presenza in Vanilla Sky, molti altri non ci penseranno, focalizzando semplicemente l’attenzione su di uno specchio d’acqua placido, lindo. L’inserto precedente ai trenta secondi di silenzio è una cantilena dolcissima all’ascolto, tanto quanto le note di un carillon ricoperto di polvere e riscoperto decenni dopo, ancora perfettamente funzionante.
    Poi ecco che arriva l’interruzione. Di botto. Sfacciatamente.
    E giunge il crepuscolo. Triste, sconsolato, titubante.
    Untitled Five” è palesemente tutt’altra faccenda rispetto alle prime SenzaTitolo, l’impatto è strano, sconvolgente a tratti, ci vorrà qualche minuto per comprendere l’interruzione di un giorno che era stato fino ad ora così bello.
    E il perché risiede ancora nella bellezza dei paesaggi dipinti dalla band islandese: paesaggi evocativi, questa volta ricoperti da una nebbiolina leggera e vacua. I ritmi vengono rallentati per poi essere velocizzati nuovamente ed il tutto appare sempre più sconvolgente, disarmante.
    Con l’arrivo di “Untitled Six” arriva la vera e propria notte, quella notte rappresentata dall’apice esterno della seconda parentesi. Fa freddo, una batteria solenne aduna ed avvicina le genti ed è la voce, nuovamente, a riscaldare animo e corpo, la notte è buia e tremendamente piena di stelle distanti. Ed è bello osservarle da lontano, sapendo che sono ancora una volta due lati emotivi contrapposti.
    Da una parte i nostri occhi, dall’altra gli scintillii delle stelle.
    Da una parte una parentesi aperta, dall’altra una chiusa.
    Untitled Seven” dipinge una nottata apparentemente chiassosa ma in realtà silente e drammaticamente piena di luci e confusione. La numero sette è dunque il pezzo più lungo e più emotivamente intenso dell’album ed accompagna la invece più speranzosa “Untitled Eight” verso la fine del lavoro.
    L’ottavo scorcio mette in risalto maggiormente una chitarra pulita e accompagnata da archi suadenti e vividi, un nuovo riapprocciarsi all’altra metà della faccia: è qui che la composizione tende le mani verso la prima parte, è qui che si viene ad intrecciare il giorno con la notte, chiudendo a scrigno un’opera simmetricamente impeccabile ed passionalmente viva e splendida.
    Uno specchio ricurvo, in cui giorno e notte si specchiano l’uno sull’altra, scoprendosi poi non così diversi. Due parentesi grandi, maestose e protettive, in cui far giocare nuovamente libere le nostre emozioni.

     
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    CITAZIONE (Annet @ 14/11/2007, 15:30)
    Uno specchio ricurvo, in cui giorno e notte si specchiano l’uno sull’altra, scoprendosi poi non così diversi. Due parentesi grandi, maestose e protettive, in cui far giocare nuovamente libere le nostre emozioni.

    Come sempre, grande immaginazione e grande introspettività nelle tue recensioni. Devo ancora fare mio questo disco, per ora siamo degli illustri sconosciuti: l'ho sentito troppe poche volte per poter dire di ricordarmi qualche pezzo, ed i Sigur in questo non aiutano perchè non ti danno punti di riferimento "comuni", ma indagando sull'essenza dell'emozione e compiono l'esegesi metafisica dell'anima.
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    CITAZIONE (Sgabrioz @ 14/11/2007, 15:43)
    Devo ancora fare mio questo disco, per ora siamo degli illustri sconosciuti: l'ho sentito troppe poche volte per poter dire di ricordarmi qualche pezzo

    Idem, ce l'ho ma non l'ho mai approfondito, lo riascolterò sicuramente :sisi:
     
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    Mamma mia che recensione. :inchino:

    Il disco è il mio preferito dei Sigur Ròs, straordinariamente emozionante. Una musica dolcissima.

    Un album che mi mette addosso una tristezza ed una malinconia infinite. Nella mia recensione di Takk..., ho paragonato quest'ultimo alla primavera, mentre ( ) lo vedo più legato all'immaginario invernale.
     
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  5. Inno Minato
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    CITAZIONE (Sgabrioz @ 14/11/2007, 15:43)
    ...ma indagando sull'essenza dell'emozione e compiono l'esegesi metafisica dell'anima.

    quando dice ste cose , mi fà bagnare tutto.
    :D
    ottima recensione Annè, sei davvero brava,ma non farti offuscare però dalle frasi di Gabriele
    :P
     
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    CITAZIONE (Inno Minato @ 14/11/2007, 16:02)
    CITAZIONE (Sgabrioz @ 14/11/2007, 15:43)
    ...ma indagando sull'essenza dell'emozione e compiono l'esegesi metafisica dell'anima.

    quando dice ste cose , mi fà bagnare tutto.
    :D
    ottima recensione Annè, sei davvero brava,ma non farti offuscare però dalle frasi di Gabriele
    :P

    Ahahahahahahahaha, ha ragione Max. Anna, non farti imbrigliare dalla mia ruffianeria.

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  7. Annet
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    Oh, ma com'è che Wikipedia sa i veri titoli?

    SPOILER (click to view)
    1. untitled - 6:38 ("Vaka") - (Vaka [La figlia di Orri])
    2. untitled - 7:33 ("Fyrsta") - (La prima canzone)
    3. untitled - 6:33 ("Samskeyti") - (Attaccamento)
    4. untitled - 6:56 ("Njósnavélin") - (La macchina spia)
    5. untitled - 9:57 ("Álafoss") - (Álafoss [la cascata presso la quale si trova lo studio del gruppo])
    6. untitled - 8:48 ('"E-bow")
    7. untitled - 13:00 ("Dauðalagið") - (La canzone della morte)
    8. untitled - 11:45 ("Popplagið") - (La canzone pop)


    Una mia ipotesi è che siccome il disco è uscito in versioni diverse a seconda del continente (compresa la copertina), magari in alcune versioni ci sono questi titoli.
    Qualcuno conferma/smentisce?
    Io ho sempre pensato che i brani fossero semplicemente intitolati Untitled #...
    :huh:
     
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    Too lazy to be scared
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    Ma c'è una canzone al mondo più bella di Untitled 3?

    Io ho l'album originale da una decina di giorni ed è una droga da cui non riesco a disintossicarmi. Un capolavoro.

    Splendida recensione, tra l'altro
     
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7 replies since 14/11/2007, 15:30   243 views
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