MASTODON - Leviathan

(2004) ...seabeast...

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  1. Neuros
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    MASTODON - Leviathan

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    Anno: 2004 Etichetta: Relapse Records

    Line-up:
    Brann Dailor - Drums
    Bill Kelliher - Guitar, Vocals
    Brent Hinds - Guitar, Vocals
    Troy Sanders - Bass, Vocals


    Tracklist:
    1. Blood and Thunder
    2. I Am Ahab
    3. Seabeast
    4. Island
    5. Iron Tusk
    6. Megalodon
    7. Naked Burn
    8. Aqua Dementia
    9. Hearts Alive
    10. Joseph Merrick



    Pochi l’avrebbero immaginato, pochi davvero.
    L’ep Lifesblood e il primo grandissimo album Remission avevano lasciato a bocca aperta la critica e gli ascoltatori. Mai come negli ultimi il termine “next big thing” pareva calzare così bene a una band emergente, mai come ai Mastodon. Un alone crescente di attesa, considerata anche l’antitesi corrente tra il carattere scanzonato dei membri della band e la loro musica, i loro testi, pregni di mistero, cupezza, epicità. Parole sfuggevoli che si rincorrono, un concept su Moby Dick di Herman Melville in arrivo, frenesia asfissiante. Sono lontani i tempi dei Lethargy dove Brann e Bill si divertivano a torturare i propri strumenti sotto rasoiate che fondevano grind/death e math-core, i Mastodon hanno una veste più solenne, un crossover di generi pe(n)santi, ma non per questo normalmente complementari. Stoner/sludge, ritmiche che spaziano dal punk al progressive rock, violente cavalcate thrash ed esplosioni post-core. Un vortice sonoro che i quattro giovani di Atlanta volevano portare alle estreme conseguenze, pregno di una classe sopraffina, una padronanza dei propri strumenti a volte disarmante, e un gusto per la melodia difficile da riscontrare in altre band.
    E l’album finalmente esce. Tra le mani una cover-artwork di impressionante bellezza a opera di Paul Romano, il tema marittimo è in primo piano, così come lo era quello dell’aria di Remission. La nave del capitano Ahab speronata dalla leggendaria balena bianca, sotto gli occhi severi di un cielo dai fuoco, fuoco che investe il vascello, in balìa di un mare in tempesta.
    Questa è la degna presentazione per uno degli album più belli degli ultimi dieci anni, pietra miliare per un certo modo di definire l’estremo, ma che in realtà estremo non è.
    Ma questa è la fine. L’inizio delle leggenda, è indietro nei posteri.
    Il prologo è il riff iniziale di Blood And Thunder, dall’andamento rock devastante, poi i rimti si sollevano e parte una cavalcata dal retrogusto stoner/sludge sopra la quale si eleva la voce poderosa di Troy, mentre la coppia Hinds-Kelliher macina le ossa della nave, che imperterrita continua la sua folle corsa tra i fulmini e le onde, alla ricerca della balena leggendaria, mentre il sangue dei marinai scorre sul pontile, sacrficio necessario per on soccombere alla natura. Ed ecco che nel break centrale si apre un solo eseguito da Bill e Brent in approccio gemello, atto a caricare, a far salire il pathos, mentre Brann alla batteria incarnca lui stesso una belva degli abbissi, perché preciso e devastante, arriva ovunque, come un polipo indemoniato, e tutta la band insieme spinge verso acque più calme, con la disperazione e la foga di chi è stato temprato dal mare, in un finale al cardiopalmo.
    Ma è soprattutto al capitano che si deve la salvezza, un solo uomo al comando guidato da ambizioni comune, la vittoria, che dolcemente accarezza l’ego, ma uno spirito guerriero forgiato da mille battaglie e cicatrici, l’ossessione del proprio nemico dalla bianca livrea, la bestia del mare che risveglia la bestia nel cuore, questa è I Am Ahab. Una fucilata fiera che colpisce in pieno volto, orgogliosa come una fiera, sostenuta da ritmi forsennati di Brann, mentre Troy incarnando il vecchio lupo di mare, guida la propria ciurma. Un pezzo veloce dove si susseguono riff melodici e progressioni acustiche di sottofondo, mentre la sezione ritmica riempie in maniera maestosa ogni spazio di etere.
    Ed ecco che acustica si apre Seabeast, dal sapore prog-rock, visti gli andamenti irregolari di chitarra elettrica che lentamente si dipanano in sottofondo, diventando una crescente marea, che scava nei pensieri, e porta alle ancestrali radici dello scontro, alla somiglianza dei due acerrimi nemici, due ossi duri, cocciuti come pochi, che si inseguono per i sette mari incuranti di ciò che sta intorno a loro. Unici dei del tempio che loro stessi hanno eretto a loro memoria. Andamenti irregolari e vocals epiche a opera di Troy, mentre Brent si diverte a incarnare il male che circonda ogni cosa con le sue vocals sofferte e strozzate, un finale nuovamente sludgiano e possente, come un cavallone che porta all’Island.
    Un breve inzio di noise-rock e un’esplosione che fonde punk, metal e death tecnico, ritmi forsennati e serrati, come pioggia che batte sull’albero maestro della nave anche in un luogo di appoggio, dove non arriva onda, ma in alto, il vento, batte violento. Ed ecco che si apre un solo epico e tagliente in un mare di strozzata violenza, dove i riff sono di impressionante pesantezza ma giocano a rincorrere il drumming furioso di Brann.
    Ed è lui stesso ad aprire la maestosa Iron Tusk, con un giro di impressionante tecnica e gusto, pesando sull’unico pedale come fossero due, aprendo la strada per riff che finalmente mostrano il loro amore per il post-core più pesante, sempre unito a una melodia cristallina, che splende sotto i raggi del sole che filtrano attraverso le nuvole, come le punte delle lancie che svettano verso il cielo, pronte ancora una volta a trafiggere la carne della balena. E il siparietto centrale dove Brann esplode in tutta la sua bravetta, mentre Troy, oltre che a disperarsi localmente, copre di un mantello sonoro ogni cosa con il suo basso, appoggiato dai riff imponenti di Brent e Bill.
    Di nuovo un’intro misteriosa ed esotica, eccome come si apre Megalodon.
    Un mito o leggenda, non si sa, ma al contrario di Moby Dick risiede solo nella mente e nei sogni, il pesce più grande di tutti, lo squalo di 30 metri che terrorizzava i mari preistorici, che colpiva silenzioso, nonostante la sua mole. Così è la song, snella, veloce, sfuggente, sorretta da un ritmo che sfocia nel punk/hc travestito da stoner, che lascia spazio ad affreschi chitarristici che citano addirittura i Beach Boys, mentre nel finale distorsioni e armoninazzioni rendono il tutto ipnotico e marziale, e Brann che colpisce in maniera fantasiosa, spesso in tempo dispari.
    Ed epica si presenta Naked Burn, con un Troy mai così evocatico, sugli scudi, mentre i ritmi non sono eccessivamente veloci, ma la struttura della song è chiaramente progressive. Innesti di chitarra effettata, spazi acustici, esplosioni di basso, riff che nascono e muoiono in pochi secondi, mentre la mente viaggia verso ricordi sbiaditi dall’acqua salata e dal tempo, quando la vita era ancora sulla terra ferma, quando i sogni erano vergini e il sorriso rivolto alla madre, quando l’animo inseguiva una salvezza redenta da ogni peccato, le aquile volavano maestose sopra l’orizzonte.
    Ma la mente torna al presente, al mare che infuria nuovamente, impazzito, cornice perfetta per l’ennesima battaglia, forse quella fatale, definitiva. Aqua Dementia.
    Una tempesta di proporzioni gigantesche, onde che si scagliano contro la nave, sotto forma di riff veloci e massici, taglienti come rasoi, che sfregiano il legno, i ritmi crescono, forsennati, a briglie sciolte, come se non ci fosse un domani; questa volta è Brent a prendere le redini del microfono, ma stavolta è supportato da un ospite di eccezione, Scott Kelly dei Neurosis, che marchia con il fuoco la canzone (collaborando anche nella stesura del testo), e difatti l’inluenza della band di Portland è evidente, nella prima parte in maniera nascosta, visti i ritmi elevati, ma quando questi rallentano, ecco che si odono gli echi maestosi di album come Times Of Grace e A Sun That Never Sets, riff massicci ed escursioni introspettive guidate dalle vocals sofferenti di Scott, che si spengono progressivamente. La battaglia si rinnova, violenta e toccante, quasi commovente, una sfida leale tra due avversari immortali:

    “An invitation to clairvoyance
    It's hard to stand around and watch while they ignore us
    She is dumped on
    Used as an ashtray
    At the expense of an organized association
    I see the stones in the path we laid
    It's a question of tomorrow
    We like to breathe the ancient wind that we have followed
    A perfect fire to burn the land
    Before they knew it
    The sun had falledn
    Boiling the water where the hydra's crawling
    The righteous go in blazing fury
    And we cleanse the earth to bring it down
    Bring it down
    And God will watch it burn
    Releasing souls
    Within the wrath we wait
    To be dirt again
    There is a flame I lit
    I upon high”



    Il finale è distorto e campiona lo sciabordìo della nave, tutt’uno stupendo con la successiva Hearts Alive, di nuovo prog, acustica, con la batteria di Brann in primo piano (penso abbiate capito sia uno dei migliori batteristi in circolazione al giorno d’oggi), che esplode in riffing di matrice thrash (non fosse per il mid-tempo generale della song), con andamenti chitarristici multicolori, che si rincorrono e alternano, che fanno il verso l’uno dell’altro, come due cuori che battono all’unisono, quello del capitano Ahab e quello di Moby Dick, legati dall’odio, ma nel profondo uniti da stima reciproca, da ammirazione, un segreto vincolo d’amore impossbilie da rivelare a terzi, chiuso nell’intimità della battaglia, che per l’eternità si rinnova, aggiungendo cicatrici e lacrime, sangue e dannazione, fino al giorno che porterà via entrambi, silenzioso e agrodolce come la conclusiva e acustica Jospeh Merrick, per erigere solitari un nuovo tempio, in un altro luogo, in un altro tempo.
    E battaglia fu.

    Edited by Neuros - 14/1/2008, 17:04
     
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  2. Scp
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    oh ma com'è che ogni volta che leggo una tua recensione mi vien voglia di riascoltare l'ulbum? :D
    comunque non c'è che dire.... :inchino: :inchino: :inchino:
    sia per loro che per l'album...sicuramente il migliore..anche se io Remission lo metto di pochissimo sotto Leviathan...
     
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  3. Neuros
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    CITAZIONE (Scp @ 3/6/2007, 20:12)
    oh ma com'è che ogni volta che leggo una tua recensione mi vien voglia di riascoltare l'ulbum? :D
    comunque non c'è che dire.... :inchino: :inchino: :inchino:
    sia per loro che per l'album...sicuramente il migliore..anche se io Remission lo metto di pochissimo sotto Leviathan...

    Ahah per me questo è il più grosso complimento, se riesco a invogliare all'ascolto, ho raggiunto il mio scopo :lol:
    Per Remission son d'accordo anche io, e avendo rivalutato in questo periodo Blood Mountain, direi che sono allo stesso livello, anche i preziosismi dell'ultimo, se messi a fuoco, penso sfocieranno in un clamoroso capolavoro :inchino:
     
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  4. Dav1de
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    una cosa che rimprovero del disco è l'edizione limitata.
    mentre per remission uscì un bel dvdlive, con leviathan

    c'è un bonus-dvd audio....da ascoltare in 5.1 SURROUND, come dice stesso il cd..

    per il resto, grande MEGALODON, e stupenda apertura e batterista...
    a roma apriranno il culo già lo sento..
     
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    Discone, batterista allucinante.
     
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  6. spacedeep
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    grandissimi, album immenso. una volta avevo brann di finaco, al piadinaro ,eravamo soli e non gli ho nemmeno rotto le palle. sono bravo?

    bella rece, sei bravo...un pò lunghina per la mia soglia dell'attenzione ma bella tosta.
     
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  7. bunt
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    ...sei bravo Space, è molto più cool non romprere le palle agli artisti anzichesì! :)ù

    anche a me fai venire voglia di sentire i dischi neuros. anche perchè io fin'ora li ho solo visti dal vivo e solo adesso mi accingo a sentire un disco per intero, dopo aver letto qui ;)
     
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  8. Neuros
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    Eh grassie image
     
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    Sentito ieri perla prima volta...
    Non volevo azzardare un commento prima di aver sentito ma...
    Cacchio, bravissimi.
    Il trio di brani finale è da brividi, Seabeast è semplicemente perfetta.
    Grande album, grande recensione.
     
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    l'ho ascoltato giusto un paio di giorni fa, discone clamoroso, il mio preferito (anche se ammetto non ho ascoltato bene Blood Mountain) tra le mie preferite ci sono Blood And Thunder e Seabeas, che tra l'altro so suonare entrambe! :yeah: :yeah: :yeah:
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  11. JØHN
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    alla faccia dei maideniani che dicono che si tratta di "rumore indistinto" ...ahahahaha che ridere.
    comunque si tratta di un discone-one-one, ascoltarlo(e assimilarlo) è stato uno stupro. molto bella, come al solito, la recensione.
     
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  12. bunt
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    Lo sto sentendo anch'io in questi giorni, ribadisco l'effetto devastante subito dal vivo... hanno un sound che mi acchiappa veramente tanto. Da qualche parte avete parlato anche del nuovo uscito? (sul topic dei mastodon, ok ho capito...)
     
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    CITAZIONE (Scp @ 3/6/2007, 19:12)
    oh ma com'è che ogni volta che leggo una tua recensione mi vien voglia di riascoltare l'ulbum? :D
    comunque non c'è che dire.... :inchino: :inchino: :inchino:
    sia per loro che per l'album...sicuramente il migliore..anche se io Remission lo metto di pochissimo sotto Leviathan...

    Io invece se ascolto un disco e vedo che la recensione l'ha scritta Neuros, allora vuol dire che il disco sta ok! Non ti montare la testa, ho scritto un paio di righe per mettere a verbale che ho ascoltato il disco.
    Prima qualità così a pelle: è come la medicina cattiva. Va bevuta tutto d'un sorso, però poi si sta bene....
     
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  14. sabbathiana
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    Che bella recensione! ma quante belle chicche vecchie che mi sono persa...certo è che era più produtivo quando non c'ero il forum. Leviathan è un album che comunica!
     
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    E' uno dei dischi che amo di più in assoluto, devo fare mente locale per scrivere qualcosa che sia anche lontanamente all'altezza.
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