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Ulver - A Quick Fix Of Melancholy
2003
Jester Records
Line up:
Trickster G. (Kristoffer Rygg): Vocals, Programming
Tore Ylwizaker: Programming, Keyboards
Jørn H. Sværen: varie ed eventuali
Tracklist:
1. Little Blue Bird 06:35
2. Doom Sticks 04:40
3. Vowels 06:18
4. Eitttlane 05:22
Total playing time 22:55
Possibile che un EP di quattro canzoni, tre inediti e un remix, per 23 minuti scarsi di musica possa rappresentare il punto più alto di una carriera costellata di successi, precedenti e successivi a questa uscita, come quella degli Ulver?
Normalmente non lo sarebbe ma quello che i tre (? In realtà non si hanno indicazioni sulla line up, probabile che Jørn possa non aver partecipato) riescono a creare in così poco tempo ha dell'incredibile: sono passati tre anni dall'ultimo full lenght, "Perdition City", dopo il quale il gruppo entrò nella cosiddetta fase del silenzio, composta da tre ep e due colonne sonore di ambient/elettronica/noise completamente strumentali, in cui l'unica eccezione è rappresentata da questo "A Quick FIx Of Melancholy", disco dove Rygg torna a cantare in due brani.
Le quattro canzoni che compongono l'album hanno caratteristiche differenti ma sono profondamente legate da una malinconia e oscurità di fondo che le rende un tutt'uno, il suono scaturito è un concentrato tra l'elettronica di "Perdition City" e la decadenza degli ep del silenzio, maturato però in un'atmosfera cupa molto più radicata che entra nel profondo all'ascoltatore fin dalle prime note.
Little Blue Bird apre l'EP proponendo un incrocio tra ambient e leggera elettronica con una melodia ripetuta quasi ossessivamente su cui si appoggiano in netto contrasto le calde linee vocali di Rygg, mai autore di una prova di questo calibro.
Doom Sticks è una strumentale che riprende molto da vicino l'ambient di "Teachings in Silence", brano stupendo che però impallidisce davanti alla canzone che inizia a introdurre negli ultimi secondi, Vowels: questo brano riassume tutta l'evoluzione e la classe degli Ulver, parte con una dolce melodia che sfocia in una parte più cupa in cui svettano le ottime vocals quasi operistiche di Rygg per concludersi strumentalmente in un climax elettronico ripreso dal tema iniziale.
L'ultima traccia era stata già presentata nel best of/album di remix uscito nello stesso anno, si tratta del remix in chiave elettronica del brano completamente folk Nattleite presente nel secondo disco del gruppo, "Kveldssanger", esperimento completamente riuscito in quanto nonostante musicalmente sia distante anni luce dall'originale riesce a mantenerne intatti l'epicità e l'originalità.
In conclusione è un album assolutamente da ascoltare perchè presenta gli Ulver in una veste che non riprenderanno (purtroppo) mai più, dovrebbe piacere sopratutto agli amanti di "Perdition City" e del periodo elettronico in toto ma anche a chi ha avvicinato il gruppo solo con l'ultimo "Shadows Of The Sun", a cui è accomunato dalla profonda malinconia che permea entrambe le uscite.. -
JØHN.
User deleted
trovato dopo una faticaccia e ascoltato una volta sola, a dire il vero non mi ha detto piu di tanto, ma di quella fase degli ulver a me piace solo perdition city.
ma dopo una recensione così entusiastica (e ben fatta) penso che lo riascolterò.. -
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Anche a me non ha entusiasmato così tanto, anche se effettivamente è un disco senz'altro interessante....
Comunque questo è uno di quei dischi che è sensazione, come Delìrivm Còrdia dei Fantômas.... sono dischi che secondo me è molto più difficile valutare "oggettivamente" rispetto a dischi più canonici... non ci sono soli, riff o rullate da ascoltare e giudicare.... con l'ascoltatore si instaura un rapporto tutto particolare....
possono prenderti ed estraniarti dalla realtà, oppure lasciarti indifferente.
Potrebbe essere interessante aprire un topic per discutere di dischi così, ma forse sono solo io a vederli in modo così particolare.... magari per molti altri sono dischi come tanti. -
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Si difatti l'ho scritto che essere oggettivo su questo disco mi è impossibile, in realtà è l'unico degli Ulver che mi ha preso tantissimo fin dal primo ascolto e su cui non ho mai cambiato opinione, mentre gli altri dischi nonostante li consideri tutti di altissimo livello non riescono mai a darmi le stesse garanzie di stabilità, alcune volte mi prendono di più le colonne sonore, altre il periodo black ecc, l'unica cosa che rimane invariata è la superiorità di questo disco . -
herbert17.
User deleted
dire il disco più bello degli ulver è un'affermazione senza senso.
però credo sia il disco più bello degli ulver
p.s.
lo posseggo sia in cd, sia in vinile rosso limitato a 880 copie. -
.CITAZIONEJørn H. Sværen: varie ed eventuali
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