IN FLAMES - Lunar Strain

Open..the gates of Hell!

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  1. .Davide
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    Behind Space
    Lunar Strain
    Starforsaken
    Dreamscape
    Everlost, Part 1
    Everlost, Part 2
    Härgaläten
    In Flames
    Upon An Oaken Throne
    Clad In Shadows



    La data ufficiale del debutto discografico degli In Flames è il primo d'aprile, anno 1994, sotto un contratto con la Wrong Again Records. Questo, durerà fino all'ep "Black Ash Inheritance", e segnerà -l'arrivo- della Nuclear Blast. "Lunar Strain" è un disco stupendo e interessantissimo, che conserva con sè innesti di natura folkloristica, pur sempre in ambito death melodico, il tutto in una salsa malvagiamente maestosa, ma che allo stesso tempo tranquillizza e percuote l'animo. Primo e unico disco con Mikael Stanne alla voce, dopodiché lui andrà nei Dark Tranquillity a registrare un capolavoro d'ep (e di dischi a seguire) e Anders entrerà in pianta stabile negli In Flames. La prova di Stanne è impeccabile. Giovanissimo ma pur sempre abile, capace di sorprendere con quel suo modo di interpretare le canzoni così avvelenato, poetico. Una caratteristica, quest'ultima, che svilupperà maggiormente (ed ovviamente) nei dischi della sua attuale band.
    Alle chitarre troviamo Glenn Ljungström e Carl Näslund (ma che fine ha fatto?), oltre che un'indaffaratissimo Jesper Strömblad che oltre a suonare la chitarra, si occupa anche della batteria e della tastiera. Al basso infine il grande Johan Larrson. Mezz'ora piena di musica ha questo "Lunar Strain", un lavoro che comincia diretto con l'arcinota "Behind Space", granitico muro di suono che porta con sé controtempi di batteria e chitarre che disegnano nell'aria ghirigori epici e malefici. Indimenticabile, a mio avviso, il momento in cui Stanne urla "We are now entering dimensions behind space!!!".
    Le creazioni/visioni, e le dimensioni fantastiche pensate per questo lavoro, sono uniche nel loro incedere, pensare ad una canzone che parla della proiezione astrale del proprio corpo è, tra l'altro, impensabile. Non penso ci siano eguali nella storia del metal, ed è questo l'elemento cardine che rende gli svedesi così speciali. Sulla titletrack fa comparsa come guest Oscar Dronjak (anch'egli con un passato di tutto rispetto, tra varie bands estreme, tra cui i grandi Crystal Age), per qualche secondo in alcune strofe del pezzo, così come in "Starforsaken" ecco il violino di Ylva Wahlstedt, che introduce il pezzo in modo egregio. La stella abbandonata, cavolo ragazzi...
    Se ci fermiamo alla bellezza dei titoli facciamo male. Proseguendo, la coppia "Everlost I/II" ci emoziona con la sua faccia dapprima lenta, ossessiva, colante di rabbia, poi con la struggente voce di Jennica Johansson, e qui credetemi, si emozionerebbe chiunque. L'arpeggio, la voce della ragazza, l'assolo acido e blueseggiante sul finale...immensi...
    A rompere questo momento di pace dei sensi, è "Härgaläten" sottolinea ancor più il valore folkloristico del platter, infatti ripropone in modo strumentale la leggenda di Harga: il testo/la canzone originale parlano di come il diavolo arrivava nei villaggi suonando un violino, e la gente cominciava a ballare a ritmo di quest'ipnotica melodia, senza riuscire a fermarsi, fino al punto di morte. La traduzione del testo originale è: "Ferma prima i tuoi musicisti chinati, noi balliamo la vita e le anime e tutte le nostre ossa son fuori del nostro corpo. No, egli non fermerà la sua danza fin quando tutti quanti saranno morti". Dal punto di vista musicale, ritroviamo Ylva, accompagnata dalle chitarre, che si intrecciano e si snodano per tutto il corso del brano. Nei restanti dieci minuti, la band rende ancora più brutale il loro sound. "Upon An Oaken Throne" è breve e veloce, con un assolo al fulmicotone, mentre la traccia "In Flames" è nel loro classico stile, con un testo molto bello. Tra l'altro le liriche di questo disco sono state scritte tutte da Mikael.
    "...Sparso in un mondo di spine
    Spina dalla mia personalità terrestre
    Afflitto in lacrime ed amarezza
    Cado aldilà delle stelle, aldilà delle stelle..."

    Bellissimo il finale con quella voce attonita che subentra, e gli scream di Mikael che muoiono, sfumandosi lentamente. "Lunar Strain" è così: all'inizio ci sembra un disco molto facile. Anche per chi conosce la band, magari tirando un pò le somme pone sempre il debutto come un disco non molto ostico e intricato a livello di composizioni. In effetti ascoltando di continuo il lavoro tutte le sfumature, come le accelerazioni improvvise dentro territori (come già detto) folk a loro cari, oppure gli stacchi melodici improvvisi, fanno di questa mezz'ora sicuramente un gran lavoro da possedere sicuramente. I testi poi non sono stupidi come alcuni (molti?) della restante scena estrema; tra riflessioni personali, momenti di debolezza ("Clad In Shadows" recita infatti "è cominciata una nuova era, ma non vedrò mai il sole"), o poesie che affondano le proprie radici nella continua ricerca di un ego perfetto.

    Che purtroppo non ci sarà mai, viste le conseguenze che la storia dei seguenti dischi ci racconteranno...

     
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  2. JØHN
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    album da lacrime. bellissimo. bella pure la recensione, che rientra nel mio ideale di recensione.
     
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  3. Neuros
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    Non conosco quest'album :asd:
    No dai, cosa dire, Dave ha detto tutto alla perfezione.
    Una curiosità, le due canzoni musicalmente più lineari dell'album come arrangiamenti sono anche tra le migliori, ovvero Dreamscape, con l'intro di violino straordinario, per poi attestarsi su un death blackizzato e pregno di melodia con un refrain irresistibile, e il basso di Larsson che sembra vivo.
    E poi Everlost pt.I, massiccia, cupa, in slow-motion, tutto il contrario dell'alter-ego della pt.II
    Da sentire per forza per comprendere l'evoluzione sonora della band.
     
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  4. Formodeath™
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    Che dire, un album meraviglioso, che centra il suo fulcro nel seguente periodo, perfetto, enunciato da Dave
    CITAZIONE
    Le creazioni/visioni, e le dimensioni fantastiche pensate per questo lavoro, sono uniche nel loro incedere, pensare ad una canzone che parla della proiezione astrale del proprio corpo è, tra l'altro, impensabile. Non penso ci siano eguali nella storia del metal, ed è questo l'elemento cardine che rende gli svedesi così speciali.

    E i violini ... e i testi, e le melodie così sofferte ... Lunar Strain è uno dei più bei episodi partoriti dalla corazzata svedese di quegli anni, e non solo, alla luce di ciò che avverrà e di ciò che questo disco rappresenterà per le band a venire. Seminale a mio modesto parere, e non oso immaginare che stangata emozionale riuscì a provocare negli animi degli appassionati dell'epoca. :inchino:
     
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3 replies since 28/10/2007, 14:52   189 views
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