ANATHEMA - Judgement

(1999) il più Floydiano...

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  1. Gidan Razorblade
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    'I am a Shadow and I dwell in the catacombs which border the country of illusion hard by the dim plains of wishing'
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    Sento il mio cuore bruciare
    Nel profondo...bramando
    So che sta giungendo


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    detonazione.

    Un anno dall'ultimo disco. La distanza è così breve,le vicende,altrettanto imprevedibili. Ciò che si acquista,son due perdite. Che privano i fratelli Cavanagh dei loro equilibri nella quotidianeità della vita che in ambito musicale, per sfuggire dal dolore,si stringono alla loro comune passione,la terra d'origine attorno ad una tale babele,sembra così diversa e caotica,che decidono di partire.
    La meta è un piccolo comune ligure con meno di trentamila abitanti , Ventimiglia li accoglie nei Damage Inc. Studios alle porte della primavera.
    Nonostante i fratelli siano gli unici superstiti della lineup precedente a questo album,Judgement non si mostra come una presenza alterata nella discografia della band,mostrando semmai una maggiore dipartizione dei ruoli nella band, non più divisa tra due compositori, ma una partecipazione che comprende tutti e cinque i membri della band per almeno due composizioni ciascuno.
    L'analisi è subito confermata dai pezzi di apertura, i primi quattro non sono altro che una furba suite organizzata in quattro episodi,completamente legate tra loro ma realizzate con una cura simile da acquisire un gran valore anche se ascoltate in maniera singola; Deep mostra il viso della malinconia crepuscolare in un velo di arpeggi delicati, Pitless parte all offensiva,graffiando l'aria con uno spirito energico ,subito troviamo il lato più acustico e intimista del rock. Destiny is Dead ne è il naturale prolungamento strumentale che sintetizza in pochissimi accordi l'alto valore delle geometrie sonore della band.
    John Douglas realizza con Make it Right il suo primo brano interamente composto con gli Anathema,che nonostante una discreta struttura di archi e sovraincisioni vocali,non incide come dovrebbe, a seguire arriva uno dei cavalli di battaglia della band, La struggente dedica alla madre scomparsa prematuramente.Il segreto di One Last Goodbye risiede proprio nella sua semplicità, una composizione fresca e spontanea schiude la ballad come un dolce fiore di semplici e dirette parole, il nettare che sgorga è immediato quanto sentito, lontano però dalla banale retorica, accarezza il cuore lacrimante così ben interpretato dal crescendo dell'assolo finale.

    Quanto ho bisogno di te
    Come soffro ora che te ne sei andata
    Nei miei sogni ti vedo
    Mi sveglio così solo
    So che non volevi andartene
    Il tuo cuore desiderava restare
    Ma la forza che ho sempre amato in te
    Alla fine se ne è andata
    In qualche modo ho capito che volevi lasciarmi in questo modo
    In qualche modo ho saputo che non potevi mai... mai rimanere
    E nella luce del mattino presto
    Dopo una silenziosa notte serena
    Hai portato via il mio cuore
    e io soffro


    La storia di un addio è il medesimo argomento narrato dalla timida voce di Lee Douglas in un vortice creato da un minimalista e raffinato giro di pianoforte per una Parisienne Moonlight a metà tra il brano sfuggente e un intermezzo elaborato.
    La titletrack lascia intuire un proseguo sulle rilassate sonorità appena oltrepassate, ma sa mentire con un affamato ritmo in crescendo che divora l'urlo di angoscia,scaturendo un assalto del drumkit di Douglas in un perfetto fraseggio Thrash metal sorretto da una imponente chitarra ritmica ,ma il pezzo elude in una morte istantanea, cogliendo impreparato l'ascoltatore.
    Riemerge il sole in Don't Look Too Far , nel placido abbandonarsi nella atmosfera ricreata e poi corrotta da un inserto acido delle sei corde, condizione analoga in “Emotional Winter” in ispirazione molto più floydiana nell intro con chitarre a dialogare tra echi e riverberi ,protagoniste anche in “Wings Of God” in una sorta di continua risposta impetuosa alle strofe di Vincent, in questo caso però i 3 minuti strumentali sarebbero stati da dimezzare o da approfondire con soluzioni diverse. E ciò dimostra il lato acerbo del Douglas compositore che si fa preferire nelle vesti di musicista, a differenza del nuovo acquisto(nonchè amico di vecchia data) Dave Pybus, che non possiederà certo in tocco e l'estro di Duncan ,ma mostra una discreta familiarità con il songwriting d'alto livello della splendida “Anyone,Anywhere”in collaborazione con l'italiano Dario Patti (Dayan Same,Voodoo Hill)autore di una ottima prestazione e della strumentale “2000&Gone”(di ispirazione al film 2001 “Odissea Nello Spazio” che scorre sognante e ispirata a far da riflesso all'intera opera,ricca di atmosfere caldamente gelide,ove la tensione ha lasciato spazio a quella malinconia intesa come la felicità di esser tristi. Perchè comunque presenti. E loro rispondono con decisione all'appello ancora una volta.
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5 replies since 24/10/2007, 19:06   562 views
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