DIRE STRAITS - Dire Straits

...you feel alright when you hear that music ring...

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  1. Neuros
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    DIRE STRAITS - S/t

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    Anno : 1978 Etichetta : Vertigo Records

    Line-up:
    Mark Knopfler - lead guitar, lead vocals
    John Illsley - bass, backing vocals
    David Knopfler - rhythm guitar, backing vocals
    Pick Withers - drums



    Tacklist:
    1. "Down To The Waterline" - 3:55
    2. "Water Of Love" - 5:23
    3. "Setting Me Up" - 3:18
    4. "Six Blade Knife" - 4:10
    5. "Southbound Again" - 2:58
    6. "Sultans of Swing" - 5:47
    7. "In The Gallery" - 6:16
    8. "Wild West End" - 4:42
    9. "Lions" - 5:05



    Era il 1977 quando un giovane chitarrista di nome Mark Knopfler, decise di mettere in piedi una band di genuino rock, e, insieme al fratello David, chitarrista, con l’aiuto di John Illsley al basso, and Pick Withers alla batteria, diedero vita ai Dire Straits. Non passò neanche un anno dal loro debutto discografico, avvenuto nel 1978 con la registrazione ai Basing Street studios di Portobello, uno dei quartieri più vivi della City londinese, luogo di incontro di artisti e musicisti. Un album fresco, dal piglio stradaiolo, ma allo stesso tempo elegante, grazie al chitarrismo cristallino di Mark, che adattò il metodo di suonare una chitarra classica/acustica a quella elettrica, senza l’utilizzo del plettro, donando vibrazioni pulitissime e sibilline, capaci di emozionare.
    L’inizio dell’album è consegnato nelle mani di Down To The Waterline, che parte silenziosa, fino all’ingresso della chitarra di Mark, che con delle caldissime note bluesy da il via alle danze, un carattere scanzonato ma allo stesso tempo quasi mistico, un pregio della voce pastosa del leader, capace di evocare le rive bagnate dal mare della canzone, i sussurri della brezza marina e il carattere passionale di tutto ciò visto insieme alla propria donna, il ritmo è di quelli che catturano, impossibile rimanere fermi. Di nuovo l’acqua, con Water Of Love, con un incipit di percussioni e chitarrismo country, dai ritmi meno sostenuti della traccia d’apertura, il clima è rilassante, grazie anche alla voce leggermente ovattata di Mark, che, prendendola bene, parla della sua solitudine amorosa, ma nel finale, collegato con l’eleganza della canzone, non rinnega il suo amore, non c’è accidia nella sua voce, solo rammarico, che il tempo curerà.
    Setting Me Up ritorna su canoni più vivaci, aperta da un bellissimo intreccio di chitarre, con Mark che non canta, ma predica, si può immaginarlo in un movimento che si allontana e poi ritorna al microfono, abbassa la testa e si dedica al solo di chitarra che arriva, questo è la sua musica, passione, emozione pura, e lascia che sia la sua chitarra a parlare per lui.
    L’album scorre via veloce, incalzante, si passa dall’intimismo di Six Blade Knife, dove la chitarra di Mark decide di mettersi un bavaglio alla bocca e giocare silenziosa, a Southbound Again, singhiozzata, divertente, una sorta di funk-blues dove il basso di Illsley si mette in mostra in tutta la sua bravura.
    E poi arriva la protagonista principale, Sultans Of Swing forse la canzone più conosciuta della band, quella che li ha lanciati verso il grande pubblico, quella che suscitò gli entusiasmi della Warner che li mise sotto contratto per il mercato statunitense, quella che fa più sognare le strade, la macchina che corre, la polvere che si solleva, l’aria calda che sale per i finestrini aperti, a respirare la vita, territori sconfinati che baciano l’orrizzonte, cieli azzurri dove il sole naviga tranquillo, compiendo il suo arco, riabbracciando il crepuscolo dopo una lunga giornata, e donando il suo ultimo regalo in un meraviglioso tramonto. Qui Mark da vita a uno dei componimenti che hanno fatto la storia del rock, una canzone che come feeling ho sempre visto come mamma del suono dei Kyuss, le emozioni sono le medesime, e il solo finale è sanguigno, sofferto, composto da note che rimangono nell’aria.
    In The Gallery ritorna su territori blues, Wild West End fa il verso agli Eagles, mentre il finale è donato a Lions, una di quelle canzoni delle quali ci si può innamorare, ma va vissuta, va ballata con la persona amata, va sentita nel profondo, si devono immagine le stelle di cui parla Mark, anche senza badare alle coincidenze astrali cantate in seguito, ma questo, è classico humour inglese, una lunga coda chitarristica, cori leggiardri, e le luci si spengono.

    Edited by Neuros - 14/1/2008, 17:32
     
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  2. .Ale.
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    Bella Simo

    Ottimo disco recensito. I miei genitori mi ci hanno fatto crescere (con questo e con Making Movies :inchino: )

    interessante l'accostamento tra D.S. e Kyuss ( dei quali però conosco molto poco )
     
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  3. Neuros
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    :perv:
    vero, diciamo che ci sono delle band che i genitori fanno ascoltare ai figli, loro sono una di questa.
    Sono le band che loro hanno amato da giovani e vorrebbero che noi scoprissimo.
    Loro poi hanno melodia, piglio, tutto.
     
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  4. JØHN
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    bellissima la recensione, bellissimo l'album
     
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  5. _Cippa_
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    eh sì, grande album e bella recensione...uno degli album con cui sono cresciuto grazie ai genitori (come molti di voi)
     
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  6. Jon!
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    CITAZIONE (JØHN @ 12/10/2007, 10:47)
    bellissima la recensione, bellissimo l'album

    mi associo :sisi:
     
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  7. lo sbudellatore
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    li vorrei vedere in concerto una volta almeno nella mia vita . :emo:
     
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6 replies since 11/10/2007, 11:40   430 views
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