Rock e dintorni

Posts written by NIKI_P

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    Siccome mi sono reso conto che in auto non riesco a fare un ascolto attento e ho rinunciato completamente ad ascoltare nuove uscite in tale sede, mi sono buttato su podcast e playlist con pezzi che conosco. Ultimamente poi ho visto che trovo rilassante e meno faticoso ascoltare pezzi in italiano quando sono nel traffico (non riuscirei a definire uno scenario migliore per descrivere cosa significhi "invecchiare") e ho buttato giù una prima playlist che per ora sto ascoltando con piacere. Vi chiedo quindi di scrivere liste e listone, va bene qualsiasi genere e anche i dialetti, da buttare nel calderone. Non vergognatevi del pop più becero, del cantautorato più alto o dello scontato più assoluto, scrivete le prime cose che vi vengono in mente da canticchiare mentre il pezzo di fango buca lo stop all'incrocio e ti costringe a inchiodare.

    La mia playlist attuale:
    Meganoidi - Zeta Reticoli
    Ivan Graziani - Monna Lisa
    Franco Battiato - I treni di Tozeur
    CCCP Fedeli alla Linea - Io sto bene
    Albedo - Cuore
    Nerorgasmo - Ansia
    Matia Bazar - Elettrochoc
    Piero Ciampi - Te lo faccio vedere chi sono io
    Enzo Carella - Amara
    Skiantos - Eptadone
    Afterhours - Lasciami leccare l'adrenalina
    Antonello Venditti - Piero e Cinzia
    Marlene Kuntz - La canzone che scrivo per te
    Verdena - Muori Delay
    Masimo Volume - Litio
    Giorgio Canali e Rossofuoco - Nuvole senza Messico
    Virginiana Miller - La verità sul tennis
    Alice - Per Elisa
    Massimo Ranieri - Se bruciasse la città
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    DISCLAIMER
    Mi vergogno nel postare questa riflessione in un topic con questo titolo, ma di sicuro non mi metterò ad aprire un topic sui No Doubt, non sono arrivato a quel punto.

    Long story short, ieri prima di andare a dormire sono stato preso in ostaggio dagli algoritmi di youtube e sono finito a vedere un live dei No Doubt, apprezzandolo per tutta la sua durata. È il 1997, un paio di anni dopo l'uscita di Tragic Kingdom, disco con il quale hanno fatto il botto a livello commerciale, prima di quelle merdata di roba alla Hey Baby etc.; sono al picco della forma, Gwen Stefani ha 28 anni, è una fregna assurda, e tira fuori una prestazione vocale e scenica da frontwoman totale, gli altri vanno a mille ed è difficile non divertirsi anche davanti a uno schermo. Non vorrei fare revisionismo sul nulla, non si sta parlando dei QOTSA, ma mi sbilancio nel dire che i No Doubt del ciclo dei primi tre album erano un gruppetto alt rock/ska che poteva aver il suo senso di esistere. Per dire, a parte i singoloni alla Don't Speak, guardatevi la traccia di apertura del live, "Tragic Kingdom", che bomba che è.

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    https://it.wikipedia.org/wiki/The_Banner_Saga

    Consigliato da un mio amico esaltatissimo, ho acquistato questo The Banner Saga, gioco indie di qualche anno fa che ha avuto un feedback molto positivo dalla critica. Il gioco è sviluppato benissimo, un must per chi ama i RPG: le componenti più forti di The Banner Saga sono infatti la parte narrativa, con il gioco che si sviluppa a seconda delle vostre scelte in un mondo mitico a tema nordico molto ben sviluppato, e quella tattica, con combattimenti a turni stile Final Fantasy molto divertenti, soprattutto quando si prende mano con le varie abilità del gruppo di eroi e si impara a combinarle. Per il sottoscritto, che vede i trenta molto vicini, la giocabilità del titolo è stata fonte di una gran dose di divertimento, essendo io ormai non performante per qualsiasi videogioco richieda il Parkinson per premere i tasti abbastanza velocemente da combinare qualcosa. Dall'inizio alla fine mi sono goduto la storia, il concept grafico, la colonna sonora e i combattimenti; insomma soldi ben spesi.
    Consiglio di acquistarlo ora perché i tre capitoli di The Banner Saga sono su Steam a 18 euro complessivi fino al 19 ottobre (a fronte di una settantina di euro); sono sviluppati come un unico grande racconto e anche a livello di longevità vanno pensati come un unicum (per dire, il primo l'ho finito con circa 8-9 ore di gioco e credo che gli altri - che non ho ancora giocato - avranno una lunghezza simile).
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    CITAZIONE (YInMn @ 14/9/2020, 20:27) 
    Grazie mille, NIKI_P (seppure avrei previsto un commento sulla Lamborghini, piuttosto che su Mac DeMarco :asd:) e Sgabrioz. :)

    Ho provato a glissare :D

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    CITAZIONE (Sgabrioz @ 29/4/2020, 00:52) 
    Non scrivevamo in questo topic da 10 anni, nel frattempo PdP ha pubblicato tre dischi, di cui il terzo uscito ad inizio del 2020.





    Conference of Trees, per un'ora e 14 minuti di noia totale. La dark ambient e la minimal techno non sono al centro di questo nuovo disco di PDP, ma la ricerca di nuovi territori non ha sortito l'effetto sperato.. La questione è che non è neanche interessante come musica d'atmosfera e da accompagnamento, perché risulta poco immersiva e distaccata. Se vogliamo asettico, sebbene provi ad introdurre elementi di ambient, world, tribal o di elettronica sperimentale ma al punto tale da non riuscire ad instaurare un legame con l'ascoltatore. O almeno questo è stato il mio caso. Ok, potrebbe essere anche interessante fare un concept per "sentire il rumore degli alberi ed il suono della natura". Ma neanche in questa quarantena, che mi fa desiderare di camminare in un bosco lontano dal cemento e dalla città, mi fa apprezzare questa immersione elettronica nelle Conferenze degli alberi. Carino il concept, mi si ferma lì. Ed è un peccato, perché alcuni spunti e pezzi interessanti ci sono, come in questo caso. Piacevole anche il video. Insomma un disco che a qualcuno piacerà ed a qualcun altro no.



    Alcune review:

    Pitchfork (7.1)
    SentireAscoltare (5)

    Io l'ho ascoltato a ruota negli ultimi due giorni e... ho opinioni completamente opposte :D
    Capisco le critiche che hai mosso, ma la forza nell'album, per il sottoscritto, sta proprio nelle debolezze da te indicate: non è per niente immersivo, ma è così elegante che di fronte a certe cesellature qualcosa risuona dentro, come se beccasse le frequenze giuste. Porto ad esempio l'ultimo pezzo dell'album, nonché il più lungo di tutto il lavoro: la struttura nella prima parte è semplice, ovvero un tappeto sonoro a introdurre il pezzo e quello che sembra uno xilofono a riproporre in loop il tema principale dal terzo minuto in poi; niente che Eno non avesse fatto mille anni fa. Però quando il suono limpido dello xilofono appare dallo sfondo, qualcosa si accende, come se le antenne captassero il lavoro di lima e ne traessero piacere.



    Uguale effetto mi provoca l'uso dell'idiofono (non so se sia uno xilofono o qualche altra strumento dell'Estremo Oriente di legnetti a percussione) nella seconda traccia dell'album: non sprofondo nel pezzo, ma vengo titillato dalla perfezione di come escono quei suoni. È così per tutto il lavoro: un monumento alla schiccheria elettronica, nel quale a guardare il panorama, ci si perde ogni dettaglio [cit.].

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    Benvenuto! Ottimi gusti (tranne la passione per Mac DeMarco che non condividiamo :D ). Spero ti troverai bene nel forum e che ti aiuti a scoprire (o riscoprire) tanta bella musica.
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    Io l'ho ascoltato quattro volte e ancora non sento di potermi esprimere in maniera definitiva. Per ora posso dire che è sicuramente un album più che sufficiente, ma che non sembra avere molti momenti nei quali riesca a spiccare. Anche per me Machine Guns and Peacock Feathers è la canzone migliore. Con questi ascolti in cantiere posso dire che l'album più debole della loro intera discografia - esclusa la colonna sonora di Riverhead; un album senza infamia né lode, cosa che, quando si tratta degli Ulver, è un peccato mortale.
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    Pharoahe Monch:

    https://rockedintorni.forumfree.it/?t=77866240#newpost
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    Wikipedia:
    https://en.wikipedia.org/wiki/Pharoahe_Monch

    RYM:
    https://rateyourmusic.com/artist/pharoahe-monch

    Discogs:
    www.discogs.com/it/artist/31777-Pharoahe-Monch

    Website:
    www.pharoahe.com/

    DISCOGRAFIA
    Internal Affairs (1999)
    Desire (2007)
    W.A.R. (We Are Renegades) (2011)
    PTSD: Post Traumatic Stress Disorder (2014)

    Dopo aver sfornato ottimi album negli anni '90 sotto il monicker Organized Konfusion in coppia con Prince Po, nel '99 Pharoahe Monch inizia la carriera solista con quello che è il suo capolavoro: Internal Affairs. L'impatto è ottimo e il singolone Simon Says entra in classifica Billboard. Seguiranno altri tre dischi, il primo dei quali uscirà solo a distanza di otto anni, tutti eccelsi, a parere del sottoscritto. I testi sono la componente più riuscita: spesso critici verso la situazione sociale statunitense, pongono un'attenzione particolare sulla realtà afroamericana (come accade per la maggior parte dell'hip hop, ma nei lavori di Monch la penna è piuttosto ispirata e la capacità tecnica dell'artista dona uno spessore diverso al messaggio); nell'ultimo cd del 2014, queste difficoltà sociali vengono raccontate attraverso il concept di un veterano (lo stesso Pharoahe) che si trova ad affrontare i demoni di un disturbo post-traumatico da stress, che lo porterà a scontrarsi con gli aspetti più oscuri di sè stesso e di un tessuto sociale portato ad affossare gli elementi più deboli. Musicalmente Pharoahe Monch esprime a livelli altissimi il classico hip hop di NY e dintorni, affermandosi come uno dei mammasantissima del genere, riuscendo a coniugare una certa orecchiabilità con un liriche e attitudine belle pesanti. Consiglio tutti e quattro i lavori, tutti validi e spaventosamente attuali nel 2020; se devo dare un'indicazione dico di andare in ordine cronologico, che è anche il mio ordine di preferenza.





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    È uscito da qualche giorno il nuovo album Pyramid sotto l'etichetta Brainfeeder. Mi ha decisamente convinto, mi è piaciuto anche più del precedente Starfire, che comunque avevo apprezzato parecchio. Ormai la parte di jazz è maggiormente in evidenza rispetto alla componente elettronica, seppure ben presente, soprattutto nell'uso costante di synth. Di novità c'è l'apertura a suoni più Space (ad esempio nella traccia finale "Apex") che formano una bella base sonora sulla quale sviluppare soluzioni che vanno dal succitato jazz, al trip-hop alla fusion.



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    Matt Elliott - Farewell to All We Know
    Singer/Songwriter, Progressive Folk
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    È uscito il nuovo disco di Matt Elliott, la mente dietro al progetto The Third Eye Foundation. La proposta è la stessa degli ottimi dischi precedenti: chitarra acustica, voce bellissima e profonda che mi fa sentire due-tre step indietro rispetto a quello che dovrebbe essere un vero uomo, sintomi di depressione, fame d'aria e voglia di morire.
    L'album è ottimo dall'inzio alla fine e, nonostante non valga The Broken Man o Only Myocardial Infarction Can Break Your Heart, merita sicuramente diversi ascolti.



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    Speravo in un disco di inediti, la tracklist mi ha un po' smorzato l'entusiasmo :(
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    Vero! Ha un gran bel tiro. Non mi convince particolarmente il chorus in clean, ma nel complesso un ottimo pezzo, soprattutto nella coda finale.
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    Dougie Poole - The Freelancer's Blues
    Contemporary Country, Psychedelic Pop
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    Secondo album per Dougie Poole, con una proposta abbastanza particolare ma decisamente azzeccata: la base è il country più tradizionale, ma su questo infilano delle soluzioni psichedeliche che lo spurgano rendendolo più digeribile a quelli meno avvezzi a certe sonorità (me ad esempio), facendolo diventare un po' meno country: se non proprio urban, direi suburban.



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    Vanilla - Into the Dream
    Instrumental Hip Hop
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    Disco hip hop strumentale veramente molto chillout da mettere al tramonto con birretta in mano. Di lui mi era piaciuto tantissimo Origin, del 2015, ma anche in questo c'è un'atmosfera notevole, che mi mette subito nel mood giusto.





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